I poco "Eco" e molto imbrattatori

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I poco "Eco" e molto imbrattatori

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Pubblicato da Antonello Sciarratta in Attualità dal mondo · 29 Dicembre 2023
Da qualche tempo, ultimamente con maggiore frequenza (forse perché è in carica un Governo, in Italia, poco eco-sostenibile, per loro?), si sono susseguiti episodi di imbrattamento di gioielli artistici da parte di giovinetti, denominati dai media come “eco-vandali”, scomodando addirittura il popolo germanico del II-VI secolo.

Alla luce di ciò, più che eco-vandali sarebbe meglio definirli, sulla base di ciò che fanno, imbrattatori della bellezza, espressa dal patrimonio artistico mondiale.
Al netto di ogni giudizio sulle loro condotte che ipotecano meteoriche celebrità mediatiche, sulle loro pseudo-competenze scientifiche e su chi sono i loro finanziatori, a noi è più conveniente analizzare i fatti.

Per procedere in tal senso, è conveniente declinare due aspetti: uno oggettivo ed un altro soggettivo.

Dal punto di vista oggettivo, gli imbrattatori prendono di mira le opere artistiche e architettoniche. Al di là della debole giustificazione sull’uso di coloranti biodegradabili, sta di fatto: che, innanzitutto, resta l’impronta di costoro che ledono le testimonianze del bene comune, alle quali «ciascuno deve rispetto» (CCC n. 1880). Che «il bene comune interessa la vita di tutti» (CCC n. 1906). Che la sua pulizia determina un costo, sia in denari che in acqua, non indifferente per la collettività. Facciamo memoria che i monumenti sono l’espressione di una società, ed essa, come sappiamo, «è erede del passato e prepara l’avvenire (CCC n. 1880)». Sulla scia di quest’ultima considerazione, sembra che questi giovinetti non abbiano scommesso tanto sull’”avvenire”. Ciò si evince già da come si definiscono: “ultima generazione”!

Proseguendo le nostre considerazioni, spostandoci nell’ambito psicologico, possiamo affermare in primo luogo che, questi adolescenti sarebbero una delle espressioni del pensiero debole. Infatti, si denota in essi un atteggiamento rinunciatario, supportato da una passiva accettazione del disastro del pianeta, a loro dire, ormai inevitabile. In secondo luogo, la loro pseudo-ansia della fine del mondo fa emergere in loro l’assenza di speranza. È bene avere chiara la considerazione che il denunciare il problema climatico-ambientale è solo il primo passo di un processo che deve proseguire, poi, nello studio della risoluzione del problema, affinché si permetta di far vivere su questo pianeta anche altra umanità. Oltre la loro. In terzo luogo, gli imbrattatori sembrano che siano deficitari anche di un minimo rispetto per il prossimo. È chiaro a tutti che il pianeta non versa in ottime condizioni di salute. È vero che bisogna ricorrere ai ripari. È vero pure che il passaggio dal carbone al green ha un costo per la collettività e che esso, inoltre, necessita di un oggettivo e graduale periodo di transizione. Il tutto e subito, come vogliono imporci loro, non è proponibile. La denuncia, pertanto, è legittima. La protesta anche, purché non si servano di essa «come di un velo per coprire la loro [n.d.r.] malizia» (CCC n. 2238).

Dopo tanto climax di rassegnazione, terminiamo con aneliti di autentica speranza. Innanzitutto che dietro tutta questa global-fiction, all’insegna dell’”eco-sostenibile”, non si nasconda un’altra trovata consumistico-redditizia. Poi, che i lobby-children dell’ambiente non antepongano il futuro del pianeta a quello dell’umanità. Le persone di buon senso (augurandoci che esso sia rimasto tra noi), hanno già le idee chiare in merito. O ancora no?


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