Caso “Giulia Cecchettin”…di quale cultura è figlia l’attuale generazione?

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Caso “Giulia Cecchettin”…di quale cultura è figlia l’attuale generazione?

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Pubblicato da D. Torre in Attualità dal mondo · 27 Novembre 2023
Caso “Giulia Cecchettin”…di quale cultura è figlia l’attuale generazione?
Riflessioni sull’omicidio di Giulia

Ma l’avete guardato in faccia?Lei temeva che, lasciandolo, lui si sarebbe fatto del male, dal momento che si dichiarava “super depresso”. Apprendiamo dal padre di lui:“Mi hanno detto di preoccuparmi se quando andava a letto abbracciava l’orsacchiotto pensando a Giulia.” E aggiunge nella stessa intervista al Corriere della Sera: "Ci fa male vederci additare come genitori inadeguati, come una famiglia simbolo del patriarcato. Non lo siamo mai stati”. E gli crediamo. In una famiglia “patriarcale” un ragazzo non uccide; non senza il permesso del padre quanto meno; e non dorme abbracciando l’orsacchiotto. E poi, a completare il quadro, c’è la fuga verso nord , durata finché è durata la benzina nel serbatoio dell’auto, e l’arresto da parte della polizia; atteso dal ragazzo, quasi desiderato, per porre fine ad un’avventura insensata.

Dov’è in tutto questo il terribile patriarcato che spinge a possedere la donna fino al punto di ucciderla in caso di abbandono? L’immagine che ne esce è piuttosto quella di un ragazzo immaturo, fragile, terrorizzato all’idea di perdere l’oggetto preferito. Ha detto Giulia: “ l’unica luce che vede nelle sue giornate sono le uscite con me o i momenti in cui io gli scrivo”; e le crediamo. Non è un padre padrone che sta perdendo il controllo della proprietà, quanto un fanciullo impaurito dalla perdita della sua fonte di sicurezza e speranza; quasi la perdita della mamma.
Dinnanzi a questo quadro antropologico, mille anni distante da quello del patriarcato possessivo del maschio adulto dall’io ipertrofico, il cui autoritarismo viene subito senza obiezioni, bisogna chiedersi di quale cultura sia figlia l’attuale generazione. Quella patriarcale secondo Massimo Cacciari, filosofo e politico di sinistra, “è in crisi da 500 anni e non esiste più da 200”.

La cultura dominante in verità è quella del consumismo estremo: di persone, di cose, di piaceri. I nostri giovani sono immaturi, viziati; non hanno mai ricevuto la risposta di un benefico NO ai loro desideri. Educati da famiglie labili o in crisi o allo sfascio e da una scuola che non educa (al massimo istruisce), non concepiscono il diniego e la sconfitta ma solo il soddisfacimento dei propri impulsi del momento. Non sanno sforzarsi e concentrarsi; non sanno più leggere; non sanno perdere. A quale modello di forza controllata, di dominio di sé, di capacità di sacrificio potranno ispirarsi? A quello di un padre debole o latitante o ripugnante o assente? La crisi di questa generazione è la crisi di quella precedente col peggioramento dovuto all’effetto-cascata. Ne sentiremo sempre di più di storie simili, le cui premesse, quando non sfoceranno nel sangue, diverranno (e già lo sono) terreno fertile per tutte le dipendenze: alcool, droga, gioco d’azzardo, sesso a gogò.

E gli autori di età avanzata di altri femminicidi? Si può essere minorenni anche a 70 anni! Sono le premesse esistenziali che contano e non l’età.
E qualcosa sul sesso va ancora considerata. Se la pornografia forma la mentalità (non pare il caso di Filippo) per la quale la donna è un oggetto di divertimento, senza dignità, una non-persona , che relazione potrà instaurare un simile maschio (non chiamiamolo uomo!) con le donne che incontrerà nella sua vita? Non è ovvio che generazioni così formate dai social sin dall’età infantile, rimarranno composte da ragazzini immaturi che rimarranno tali per tutta la vita? Non è ovvio che per loro le donne saranno soltanto un trastullo? Eppure nel dibattito politico non si sente alcunché sul tema. Paura di passare per retrogradi? O subalternità al dogma, inespresso ma sottinteso, che la vita è fatta per il piacere, qualunque piacere?

E speriamo che la grande trovata di demandare alla scuola l’educazione al rispetto e all’affettività non si realizzi con “maestri” come Wladimiro Guadagno in arte Luxuria o Rocco Siffredi. E i genitori? Esautorati! Ora ci penserà lo Stato, con la sua scuola, i suoi docenti ed i suoi esperti (cantanti? influencer? attori?) a sostituire o soltanto affiancare la famiglia nell’educazione dei figli. Il parlamento è unanime sulla bontà di tale iniziativa: preoccupante! Lo facevano già con Filippo; lo ricorda il padre nella predetta intervista: “parlavamo spesso in casa di questi temi, soprattutto quando i ragazzi partecipavano agli eventi organizzati dalla scuola". Complimenti ai formatori! Tutto ciò in realtà continuerà l’opera di disfacimento della famiglia, aumentando particolarmente la rarefazione della figura paterna, ridotta progressivamente ad ectoplasma dal 68 in poi.

Non è la caccia al maschio la soluzione dei femminicidi, ma la complementarietà fra i coniugi, uniti in uno stabile e fedele rapporto nel cui cuore avviene la formazione di uomini, e anche donne, equilibrati e responsabili. E’la famiglia che è, e sarà, il principale artefice della riscossa contro l’imbarbarimento imperante. E non è roba da mulino bianco, ma il fondamento naturale dell’ordine sociale, conforme alla natura umana, senza il rispetto del quale non si va da nessuna parte.


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