di Bruno Mastroianni, A Sua immagine magazine, 10 giugno 2015
Oggi è il terzo anniversario dalla scomparsa di un ragazza sorridente, una madre coraggiosa che trovò il segreto della felicità nell’accettare la vita come un dono
La perfetta letizia di Chiara Corbella
Per La Vita
sabato 13 giugno 2015
La perfetta letizia di Chiara Corbella

Andiamo con ordine. E’ il 12 giugno 2009 nella Chiesa di Sant’Angelo in Pescheria a Roma c’è un’atmosfera come di festa. Non che ci sia ilarità nei volti dei presenti ma c’è come una serenità profonda, diffusa. Al centro della Chiesa, davanti all’altare, c’è una piccola bara bianca. Poco più in là una ragazza bellissima e accanto suo marito. Stanno cantando, lei suona il violino. Sono Chiara e e Enrico. Quando i due si avvicinano alla bara per prendere le spoglie della loro bimba, Maria Grazia Letizia, morta solo dopo trenta minuti di vita, qualcuno dei presenti racconterà: “ho provato come una santa invidia per la felicità e l’amore di questa coppia”. Come si fa ad essere felici al funerale della propria figlia appena nata? E’ da questa domanda, terribile e allo stesso tempo dolce, che bisogna partire per conoscere la storia di Chiara.
Chiara e Enrico si erano conosciuti durante un pellegrinaggio nel 2002. Lei 18 anni lui 23. Una storia come tante, con le insicurezze e le paure che i giovani provano quando hanno a che fare con l’amore. Si lasciano e si riprendono più volte. Negli anni però è come se il loro rapporto con Dio maturasse assieme alla certezza di non essere insieme per caso. Da lì il desiderio di formare una famiglia. Si sposano il 21 settembre 2008. Giovani, belli, pieni di fede. Chiara rimane incinta. Come lei stessa dirà più tardi quasi come un presagio: “la gente pensava che il Signore ci avrebbe sempre premiati per il fatto di avere la fede ma noi non abbiamo mai visto le cose in questo modo”.
Non compatibile con la vita
Dopo un'ecografia Chiara scopre che Maria Grazia Letizia, la bambina che porta in grembo, è anencefalica, la sua calotta cranica non si è formata. “Non compatibile con la vita”, è il freddo termine tecnico che usa la medicina. Chiara se lo ripete come per cercare di confutarlo. Lo ha scoperto nel momento peggiore: è da sola a quel controllo, Enrico infatti era ricoverato in ospedale per l’asportazione di una cisti rivelatasi poi non grave. La paura si impossessa di lei, ma trova il coraggio di parlare con suo marito pensando alla Madonna: anche lei dovette dare a Giuseppe la notizia di un figlio che non era suo.
La reazione di Enrico sarà la stessa di Chiara: “è nostra figlia: la accompagneremo fino a dove possiamo”. Marito e moglie si sorreggono a vicenda, formano una specie di capanna: pronti ad accogliere la vita così come è. Per questo i consigli di conoscenti o di medici che li invitano a interrompere la gravidanza, a rinunciare, ad abbandonare, non li toccano: la bambina è viva, e tanto basta a un padre e a una madre per darle vita.
I trenta minuti di vita Maria Grazia Letizia sono una gioia indescrivibile. Chi era presente lo assicura. E’ stata battezzata, Chiara l’ha potuta tenere in braccio, così Enrico e i parenti. La stessa Chiara dirà: “se avessi abortito adesso cercherei soltanto di dimenticare, invece non scorderò mai quel giorno”. Farla nascere non è stata una scelta di principio. Chiara decise di dare vita a Maria Grazia semplicemente perché Maria Grazie era viva. E' l’atto di una madre che dà vita perché accetta la vita così come si presenta, come un dono che si riceve e si accoglie.
L’arrivo di Davide Giovanni
Dopo pochi mesi Chiara è di nuovo incinta. E’ un maschio: Davide Giovanni. Anche stavolta, è quasi difficile dirlo, il bambino ha dei problemi. Dapprima sembra ci sia solo una disabilità agli arti inferiori poi si rivela un problema più grave: non ha sviluppato alcuni organi vitali. “Non compatibile con la vita”, di nuovo quella espressione fredda come una sentenza glaciale. Ma Chiara ed Enrico conoscono un fuoco capace di riscaldare anche il dolore più gelido. La loro fiducia in Dio si mostra in tutta la sua forza. Sorridono, non danno retta a chi li scoraggia, a chi dà consigli di resa. Non se ne preoccupano. Anche Davide Giovanni vivrà una manciata di minuti, sufficienti a battezzarlo e a esser preso in braccio dai suoi genitori. Anche al suo funerale si vedrà di nuovo in quei due sposi - lo racconta chi ci è stato - qualcosa di divino e allo stesso tempo così delicatamente umano, una forma di letizia profonda, che non cancella il dolore ma lo accompagna. Qualcuno dei presenti farà un’affermazione assurda: “quel giorno è stato uno dei più belli della mia vita”. Suona come un’enormità ma è un’espressione che torna spesso quando si parla con chi ha conosciuto Chiara e Enrico. Lo dirà anche sua sorella, quando tre anni dopo, passerà con lei l’ultima notte della sua vita. Sì perché nella storia di Chiara, c’è ancora un mostro che si deve affacciare. E, come tutti i mostri, lo farà nel momento più bello e per questo più indifeso.
Francesco e il drago
Chiara rimane incinta per la terza volta. Il bambino stavolta è perfettamente sano. Si chiamerà Francesco. C’è grande gioia in casa Petrillo. Allo stesso tempo, come accade nella vita, assieme a tanta felicità c’è anche un fastidio. Un’afta sulla lingua. Sembrava niente. Ma l’afta è lì, fa male, gli antibiotici non servono. Mentre Francesco cresce nella pancia, anche il “drago” - come Chiara chiamerà più avanti il suo carcinoma - cresce dentro di lei. Si sottoporrà a un primo intervento dolorosissimo mentre è ancora incinta. Le asportano un pezzo della lingua. Sarà solo il primo di una serie, ma i successivi si potranno fare solo dopo che Francesco sarà nato. Su questo Chiara, ancora una volta, non ha dubbi. Anche qui non è un momento di eroismo. Chiara vuole vivere, vuole curarsi, ma vuole far vivere anche Francesco. Con i medici inizia una specie di trattativa per portare la gravidanza più avanti possibile prima di indurre il parto e procedere con gli interventi e la chemioterapia.
Francesco nascerà sano e bello. Chiara ora, con accanto Enrico, si troverà ad affrontare il “drago" a viso aperto. Questa parte della storia si fa improvvisamente dolorosissima e dolce allo stesso tempo. Di lì a poco si scoprirà che è allo stadio terminale. Il “drago” si è espanso nel suo corpo ma non ha abbattuto il suo spirito: Chiara è sempre la stessa, forte, piena di fede persino ironica. Quando il suo occhio destro sarà intaccato dal carcinoma, lei commenterà con gli amici “anche l’occhio vuole la sua parte”. La foto di lei sorridente e magra con la benda all’occhio, è il suo ritratto più fedele.
Un angolo di Cielo
Sentire raccontare da Enrico questa ultima parte della vita di Chiara fa impressione. Non sembra un letto di morte a cui assistere ma un momento sereno anche se pieno di dolore. Come una di quelle serate tranquille e piene di pace, in cui si sta bene assieme, in confidenza. Chiara ed Enrico fino all’ultimo stanno lì, circondati dagli amici e dai genitori, pregando, condividendo, volendosi bene. Anche in quei momenti il loro amore ha continuato - come aveva fatto sempre - a farsi casa accogliente. Quella casa diventò un piccolo angolo di Cielo.
“Lo sai che Enrico mi ama davvero?” disse nelle ultime ore Chiara a sua sorella. In quegli ultimi momenti lui le ripeteva spesso “quanto sei bella”. Non era così per dire; quando lo spiega è l’unico momento del racconto in cui Enrico non riesce a trattenere le lacrime: “in quelle condizioni, provata dal dolore, Chiara era bellissima”. Qui c’è un elemento fondamentale che dà senso a tutta questa vicenda. Chiara diceva che il momento più duro della sua vita non era stata la malattia, né la morte dei due figli, ma il dubbio e l’incertezza che aveva vissuto più volte negli anni di fidanzamento prima di scegliere di sposare Enrico. Quella era stata la sua sofferenza più grande. Come se, dal matrimonio in poi, tutto fosse divenuto chiaro. E quando era ormai in fin di vita spiegava che la cosa che le costava più lasciare era proprio il suo amore, Enrico, suo marito.
Chiara muore il 13 giugno 2012. La sua non è solo la storia di una mamma eroica. Nella sua vicenda umana le ombre sembrano messe lì apposta a risaltare per contrasto la luce di un ragazza, una donna, una moglie, felice.