Lingua e genere
Pubblicato da Salvatore Andrea Galizia in Attualità dal mondo · 18 Novembre 2024
Da una ventina d’anni a questa parte il dibattito sull’uso della lingua in rapporto alle differenze di genere si è posto all’attenzione non solo nei rapporti in famiglia, nelle relazioni tra amici, nei gruppi organizzati ma anche nel lavoro delle istituzioni. Questo fenomeno è il frutto di una nuova sensibilità che prende piede in alcuni ambiti della nostra società, la quale sensibilità vuole - per via di linguaggio - bilanciare la comunicazione dei generi e anche oltre fino a eliminare ogni riferimento di genere nei testi scritti. È il caso dell’asterisco o della Schwa a fine termine. Tutto ciò perché, secondo questo nuovo modo di pensare, l’uso del maschile o del femminile della lingua italiana rimanda a un’ingiustizia a danno delle donne. Inoltre la divisione binaria dei generi maschio/femmina) è ritenuta poco inclusiva nei confronti di chi non si riconosce né tra i maschi, né tra le femmine.Quanto al primo caso, quello cioè della presunta ingiustizia nei confronti delle donne, trova la sua radice nella convinzione che la lingua condiziona il modo di vedere la realtà, cioè il modo con cui le persone comprendono la società e il mondo che ci circonda. «La lingua è potere» pensava Michel Foucault ed è proprio sul pensiero di quest’autore francese che poggiano i sostenitori di schwa e asterischi.Soffermandoci sull’affermazione «La lingua è potere», tuttavia, potremmo aggiungere qualcosa sfuggito persino al suo autore. L’espressione andrebbe in realtà estesa: in ogni espressione umana abbiamo dei rapporti di forza o degli scontri.Non solo il linguaggio ma anche la sfera del lavoro, la famiglia, il tempo libero, la musica, la sessualità: in poche parole, tutto ciò che riguarda l’uomo e i suoi rapporti con gli altri sono “potere”; ma ciò che i marxisti chiamano “potere” - in termini meno ideologizzati - potremmo definirla più semplicemente “relazione”. In ogni relazione c’é una differenza, uno squilibrio, una capacità di forza e di adattabilità che uno ha e l’altro no.Il tentativo di stabilire un linguaggioche si adatti alla cosiddetta parità di genere è in ultima istanza il tentativo di un piccolo gruppo della società d’eliminare ogni differenza nel linguaggio come in tutte le relazioni umane perché – è questo il punto più vulnerabile del pensiero marxista - confonde la “differenza” con la “disuguaglianza” così che l’appiattimento dei generi nella lingua aiuta, secondo loro, a raggiungere l’obiettivodell’uguaglianza sociale. Appiattire il linguaggio eliminando i generi maschile e femminile appare quindi come un modo pereliminare le differenze che in questo modo sono disciolte e rese fluide. Chi sente il bisogno di una società senza gerarchie, senza divisioni sociali, senza “potere” cerca per ottenerlal’eliminazione di ogni diversità che possa avere ricadute sulla società di “uguali”. In conformità a questo principio i generi sessuali e le loro espressioni (tra cui il linguaggio) devono essere fluidi, non ben definiti, perché un genere sessuale ben definito è considerato inquadrabile in una gerarchia sociale che è rifiutata a priori. Un’identificazione sessuale chiara, marcata, quindi eterosessuale, è indice in fin dei conti di una differenza, che - per i sostenitori di schwa e asterischi – può portare alcuni (gli uomini ovviamente) ad avere “potere” sugli altri (le donne).Va da sé che il discorso sulla fluidità non riguarda solo i generi sessuali ma anche le religioni (che devono essere tutte uguali), le barriere tra gli stati (che devono essere abbattute), il concetto di famiglia (che deve essere “aperta”), l’intera società.Non è nostra intenzione divagare su questi ultimi temi ma di certo non sfugge il “filo rosso” che accomuna fluidità dei generi e fluidità delle relazioni e delle istituzioni.Soffermiamoci ancora una volta sul pensiero di Foucault. Dicevamo che, secondo l’autore francese, la lingua è potere così che tramite la lingua percepiamo la realtà cioè il modo con cui le persone comprendono il mondo. L’Accademia della Crusca, la massima istituzione letteraria italiana, rispondendo niente meno a un’interpellanza della Cassazione, stabilì che questo pensiero non è universalmente condiviso e citò autori prestigiosissimi che sfatavano queste convinzioni (erano citati studiosi del peso di Levi-Strauss e Dumezil). Aggiungiamo pure noi una nostra riflessione.All’affermazione che «tramite la lingua percepiamo la realtà» potremmo obiettare semmai che è vero il contrario, cioè è la realtà sociale in cui viviamo che crea la lingua, non viceversa. Esempi sono il termine “camerata” usato dal Fascismo per designare ogni singolo cittadino adulto e il suo contraltare “compagno”, usato dai regimi comunisti. Sono stati questi movimenti ideologici ad adottare quei termini, non questi a costruire i movimenti.Esiste un’altra categoria di sostenitori di schwa e asterischi, ancora più minoritaria della prima. Come abbiamo già accennato, si tratta di coloro i quali non si rivedono nel genere binario (maschio o femmina) e chiedono più inclusività nel linguaggio di ogni giorno. Anche loro, al pari di chi è ossessionato dal “potere” della lingua, pretendono l’annullamento dei generi così da eliminare il loro disagio linguistico. Di fatto, anche per questi gruppi, l’idea d’inclusione si confonde con la soppressione delle differenze, ritenendo che l’unica vera uguaglianza si realizza con l’appiattimento d’ogni identità.È in altre parole l’ideologia gender, una delle tante conseguenze della dittatura del relativismo preannunciata da papa Benedetto! Fino al febbraio scorso papa Francesco ha usato parole dure contro questa ideologia: «il pericolo più brutto è l’ideologia del gender, che annulla le differenze» ha detto e ha chiesto «di fare studi a proposito di questa brutta ideologia del nostro tempo, che cancella le differenze e rende tutto uguale; cancellare la differenza è cancellare l’umanità».Adesso che ci avviamo alla conclusione di questa breve riflessione, ci permettiamo di tirare in ballo, per un’ultima volta, Michel Foucault e la sua relazione tra lingua e potere. I cultori del linguaggio “neutro” di cui abbiamo accennato in queste righe non sempre si accorgono che le loro proposte linguistiche si pongono esse stesse come nuova forma di potere. Pretendendo l’utilizzo di un linguaggio senza maschile e senza femminile - pena l’essere accusati di sessismo, maschilismo o di mancanza d’inclusività – essi impongono, di fatto, regole comunicative a tutta la società, anche nelle istituzioni. Il potere e la sua arroganza comunicativa, tanto temuti dagli allievi di Foucault, finiscono così nelle mani di chi obbliga a far adottare il nuovo linguaggio fatto di schwa e asterischi; un vero e proprio tentativo di sostituzione di poteri, né più né meno. E a chi non si allinea al nuovo ordine, come in tutti i poteri, non rimane che il triste destino di essere isolato prima e perseguitato poi.