GUERRA E PACE. MA DIO CHE NE PENSA? - Milizia dell'Immacolata di Sicilia

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GUERRA E PACE. MA DIO CHE NE PENSA?

GUERRA E PACE. MA DIO CHE NE PENSA?
di Diego Torre
 
«Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. (Gv 14,27-31)
 
Soffiano i venti di guerra, scorre il sangue, e le ragioni di ciò affondano in radici profonde. La guerra è entrata nella storia con il peccato originale e può essere circoscritta, inibita nei suoi aspetti più disumani, ma non completamente annullata.  Ad essa si sono accompagnate altre compagne malvage:  la malattia, la morte, il bisogno del cibo, il parto col dolore e il lavoro col sudore, la natura dominata (e spesso abusata) con la forza.  Anche il rapporto fra l’uomo e la donna si è deteriorato.
 
La rivolta superba contro Dio, compiuta da Adamo ed Eva, ha comportato un caduta, antropologica e dell’intero creato, che solo la grazia scaturita dall’azione salvifica di Nostro Signore può in qualche misura riparare. Alcuni santi ne hanno dato la dimostrazione, privandosi del cibo per tanti anni o comandando gli animali con estrema naturalezza ed ottenendo da essi assoluta obbedienza. Risalendo  la china del peccato, l’uomo restaura la natura decaduta e riconquista, in parte, la condizione perduta del Paradiso terrestre.
 
Questa pace interiore, questo equilibrio, possono diventare pace fra gli uomini? Certamente, perché come dimostra l’esperienza dei santi , Dio stesso, è « fonte primaria dell'essere, verità essenziale e bene supremo» (S. Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1982). Solo partendo da questo assioma relativo all’uomo ed estensibile ad ogni umana società è possibile realizzare la pace . Essa infatti “non è semplicemente assenza di guerra e neppure uno stabile equilibrio tra forze avversarie, ma si fonda su una corretta concezione della persona umana e richiede l'edificazione di un ordine secondo giustizia e carità. La pace è frutto della giustizia (cfr. Is 32,17), intesa in senso ampio come il rispetto dell'equilibrio di tutte le dimensioni della persona umana. La pace è in pericolo quando all'uomo non è riconosciuto ciò che gli è dovuto in quanto uomo, quando non viene rispettata la sua dignità e quando la convivenza non è orientata verso il bene comune.” (Compendio della Dottrina  Sociale della Chiesa, 494)
 
Benedetto XV definì  il primo conflitto mondiale, in una sua lettera ai capi dei popoli, “inutile strage”. Pio XI innalzato al soglio pontificio nel 1922 aveva  come motto araldico Pax Christi in regno Christi, ed a lui dobbiamo la magnifica enciclica Quas Primas  del 1925 in cui ribadiva la regalità sociale di Nostro Signore e ne ricordava l’indispensabilità per giungere ad un mondo pacifico.
 
A conferma di tale impostazione il motto araldico di Eugenio Pacelli, divenuta Papa Pio XII nel 1939, alla vigilia del 2° conflitto mondiale,  era  Opus iustitiae pax. Non vi può essere infatti pace senza giustizia, ovvero quella tranquillità dell’ordine formulata da S. Agostino ed insegnata dalla Chiesa.
 
“Per prevenire conflitti e violenze, è assolutamente necessario che la pace cominci ad essere vissuta come valore profondo nell'intimo di ogni persona: così può estendersi nelle famiglie e nelle diverse forme di aggregazione sociale, fino a coinvolgere l'intera comunità politica. In un clima diffuso di concordia e di rispetto della giustizia, può maturare un'autentica cultura di pace, capace di diffondersi anche nella Comunità internazionale. La pace è, pertanto, « il frutto dell'ordine immesso nella società umana dal suo Fondatore e che deve essere attuato dagli uomini assetati di una giustizia sempre più perfetta». (Compendio della Dottrina  Sociale della Chiesa, 495).
 
Premesso tutto ciò, è possibile che nel mondo regni universalmente pace con giustizia?
 
Interrogato da Pilato Gesù risponde di essere re, ma aggiunge che il suo regno non è di questo mondo. Però prima aveva detto: “Ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi» (Lc 17, 20-21). Sì, voleva dire che il Regno era Lui; voleva dire che il Regno che annunciava si era realizzato nella sua Persona.
 
E basta? Benedetto XVI scrive che la vita del Regno «è la prosecuzione della vita di Cristo nei suoi; nel cuore che non viene più alimentato dalla forza vitale di Cristo, il regno finisce; nel cuore che da essa viene toccato e trasformato, comincia… Il Regno è uno; sussiste soltanto mediante il Signore che è la sua vita, la sua forza, il suo centro» (Gesù di Nazaret).
 
Conclusione: se il Regno cresce nei cuori, e di conseguenza nelle società, e poi fra le nazioni e gli stati, la pace come balsamo profumerà la terra. Ma che pace ci può essere in un mondo che uccide ogni anno 44 milioni di bambini (dati ONU)  con il solo aborto e chiama tutto ciò “diritto sessuale e riproduttivo”? Diceva Madre Teresa di Calcutta: “Se una madre può uccidere il suo stesso figlio nel suo grembo, distruggere la carne della sua carne, Vita della sua Vita e frutto del suo amore, perché ci sorprendiamo della violenza e del terrorismo che si sparge intorno a noi? L’aborto è il più grande distruttore di pace oggi al mondo – il più grande distruttore d’amore.” Eppure questa autentica guerra mondiale, che va avanti ed estende i suoi tentacoli assassini sul mondo intero , non suscita indignazione e non è al centro dei talk show. Ma non si può distruggere la vita ed invocare la pace. Sarebbe una pace senza giustizia, buona solo per i vili. Una finta pace, non la pax Dei.


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