Femminismi e femminicidi
Pubblicato da Salvatore Andrea Galizia in Attualità dal mondo · 28 Dicembre 2024
Tags: Femminismi, femminicidi
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Il 25 novembre si è tenuta la giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne. Cortei, manifestazioni, attività si sono svolte nelle principali città italiane, e non solo, prima e durante la giornata. Moltissime donne, associazioni femministe, ma anche diversi uomini hanno riempito piazze e strade al grido di slogan ben precisi: “no alla violenza di genere”, “disarmiamo il patriarcato”, “no alla violenza patriarcale” e tanti altri. Simboli eloquenti delle proteste le tante foto di donne uccise di recente tra cui quella più conosciuta di Giulia Cecchettin, la ventiduenne veneta massacrata dal fidanzato che voleva lasciare (per l’occasione ritratta col pugno sinistro alzato).Il leitmotiv della rabbia era chiaro: i tanti femminicidi che sono avvenuti in Italia sarebbero il frutto di una cultura autoritaria maschile - il patriarcato appunto - che domina nelle famiglie e nella società e vuole le donne succube e sottomesse. L’assassinio di una donna quindi è come il precipitato di una società maschilista, sessista, omofobica, razzista, che strangola il dissenso. La principale soluzione propugnata è così l’educazione sessuale-affettiva nelle scuole, quale strumento capace di educare le nuove generazioni eliminando così la cultura patriarcale.Ma il tema dei femminicidi è realmente connesso al patriarcato? È vera la narrazione femminista che vuole i ricorrenti assassinii di donne imputabili all’educazione autoritaria, misogina e violenta di molti uomini?Difficile ammettere, con onestà intellettuale, la presenza di un unico movente misogino per tutti gli assassinii di donne. Ogni singolo episodio delittuoso presenta varie caratteristiche e motivazioni che rendono incongrua una generalizzazione tanto radicale. Un elemento comune in realtà c’è, ovvero l’incapacità di molti uomini ad accettare il termine di una relazione affettiva. Nessuna attenuante per essi! Nulla che possa attutirne le responsabilità o sminuire la libera capacità di comprendere la gravità dei fatti! Un omicida è omicida e deve risponderne alla legge!Quello che si fa fatica a correlare però è il concetto di patriarcato con l’incapacità di alcuni uomini di gestire una perdita sentimentale. Certamente in alcuni casi, uomini uccidono donne in conformità a logiche autoritarie e misogine: fattori culturali, religiosi o pseudoculture criminali possono formulare una visione di possesso nei riguardi delle donne. L’omicidio della povera Saman, la ragazza di origine pachistana residente in Emilia, uccisa dalla famiglia perché fidanzatasi con un ragazzo non gradito ai genitori è forse il caso più clamoroso. In questo caso il movente risente chiaramente di principi culturali di natura patriarcale, ma sarebbe assurdo ipotizzare una diffusa ideologia del possesso femminile, in questi termini, anche in Italia.In tanti altri casi però occorre cercare altrove le cause. Analizzando, infatti, i profili di molti assassini di mogli o compagne - non ultimo quello di Giulia Cecchettin - ci accorgiamo che non siamo tanto alla presenza di uomini con un’educazione marcatamente misogina, dispotica, autoritaria quanto semmai, di giovani e meno giovani non educati a subire dei rifiuti, incapaci di accettare sconfitte, deresponsabilizzati da prassi educative evanescenti. Si tratta - come da più parti è rilevato a scuola e ovunque negli ambiti relazionali - di una gioventù irrequieta e sempre più violenta, edonistica e troppo spesso viziata, refrattaria a tutto ciò che sia regola o autorità; gioventù che alla presenza di un ostacolo o di una difficoltà sprofonda nell’ansia, nel malessere, cui reagisce troppe volte in modo inconsulto. “Lo abbiamo sempre accontentato in tutto” affermavano i genitori dell’assassino di Giulia riferendosi al figlio.La vera soluzione ai femminicidi quindi, non è quella di delegare ancora una volta alla scuola l’educazione dei figli, bensì di tornare a credere e investire sulla famiglia quale primo agente educante. I genitori, anziché colmare i propri figli di consensi, approvazioni e ogni possibile oggetto del desiderio, devono tornare a dare regole, e recuperare un ruolo che un falso buonismo e un malinteso senso di emancipazione hanno declassato ad amicizia con i figli.A tutto questo lo stato non può sostituirsi con corsi di educazione sessuale-affettiva. Pensare infatti che i giovani e giovanissimi debbano imparare, non dai genitori, ma in primo luogo dallo stato a relazionarsi con gli altri è un’idea totalitaria, degna dei regimi.Qual è allora lo scopo di alcuni movimenti femministi? L’obiettivo più o meno confessato è l’attacco al genere maschile nella sua specificità. La colpevolizzazione dell’uomo e la sua mortificazione in quanto tale diviene così la conseguenza più naturale di questa campagna propagandistica. Una vera e propria “misandria” generalizzata. È l’uomo nella sua interezza che deve essere rieducato, non semplicisticamente al rispetto della donna, ma a un ripensamento di tutte le sue funzioni nella società come nella famiglia. L’uomo in pratica deve cambiare tutto di sé.I femminicidi e la violenza sulle donne, sulla scorta di una tale declinazione concettuale, appaiono solo degli alibi tanto da essere mistificati e strumentalizzati al fine di raggiungere l’obiettivo. Non importa, per i propugnatori di questo impianto ideologico, se il movente dei femminicidi è o non è di natura patriarcale: l’obiettivo è colpire l’uomo, delegittimarlo, togliergli ogni autorità. Ogni omicidio di una donna dev’essere cavalcato a prescindere da ogni motivo o ragione. L’intera campagna mediatica soprattutto quella delle frange estreme dei movimenti femministi appare così non determinata a una riappacificazione e a una ricucitura delle lacerazioni tra uomini e donne bensì rivolta ad alimentare una lotta continua fino all’annichilimento totale dell’uomo. Queste frange non ripongono alcuna fiducia negli uomini: tendono a isolarsi rispetto a essi e a ritrovarsi in gruppi prevalentemente femminili; una forma di autosegregazione nutrita da un’infinita diffidenza verso l’altro sesso.Questo è in definitiva il risultato di una campagna mediatica tanto martellante: una maggiore diffidenza tra uomini e donne, un aumento dell’incomunicabilità, il loro isolamento e confinamento in gruppi dello stesso sesso. A questa deriva l’unica risposta plausibile è riaffermata da papa Francesco (28.09.2024): “La cultura cristiana elabora sempre nuovamente, nei diversi contesti, la missione e la vita dell’uomo e della donna e il loro reciproco essere per l’altro, nella comunione.Non l’uno contro l’altro, questo sarebbe femminismo o maschilismo, e non in opposte rivendicazioni, ma l’uomo per la donna e la donna per l’uomo, insieme“.Salvatore Andrea Galizia